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Brunetta contro i precari

Renato Brunetta

I precari? «Sono la parte peggiore dell’Italia». Lo ha detto il 14 giugno il Ministro della Pubblica amministrazione e dell’Innovazione, Renato Brunetta, a Roma, mentre presenziava al convegno “I Giovani innovatori”, nell’ambito della Giornata nazionale dell’Innovazione 2011

Il ministro aveva appena terminato il suo intervento quando due donne appartenenti alla “Rete dei precari della pubblica amministrazione” ha chiesto di intervenire. Brunetta prima le ha chiamate al microfono, poi, una volta capito chi fossero quelle persone, ha alzato i tacchi e se ne è andato dicendo: «Questa è la parte peggiore dell’Italia». Il ministro ha guadagnato l’uscita ed è ripartito a bordo della sua auto blu. Subito e scattato il parapiglia. Con urla, spintoni e risse sedate con difficoltà.

 

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Belli, precari o disoccupati. L’Istat ci fotografa. E non è un bel vedere

La pubblica presa di coscienza

I giovani italiani tra 18 e 29 anni? Disoccupati, precari, sfiduciati e con poche prospettive per il futuro. A dirlo è l’Istat, che ieri ha presentato il suo Rapporto annuale riferito al 2010. I numeri pubblicati dall’Istituto di statistica sono deprimenti. Una mazzata. Una fotografia limpida e truce delle condizioni di vita di tanti italiani.

Circa «un italiano su quattro è a rischio povertà». La categoria più svantaggiata, manco a dirlo, sono i giovani. Assieme alle donne.

Nel 2008, secondo l’Istat, un precario ogni cinque riusciva a essere assunto in pianta stabile (cioè con un contratto a tempo indeterminato) entro l’anno. Nel 2010 solo uno su sette.  Ma il dato che più preoccupa è quello relativo a quei giovani che non studiano, non lavorano e non cercano un impiego. In gergo si chiamano Neet (Not in education, employment or training). Sono gli sfiduciati. Quelli che hanno perso ogni speranza. In Italia ce ne sono 2 milioni e 100 mila, 134 mila in più rispetto al 2009.

Dice l’Istat: «Per ogni 100 giovani  occupati standard nel primo trimestre 2009 e non più occupati a distanza di un anno, circa 50 sono transitati nella disoccupazione e 34 nella zona grigia dell’attesa. La restante parte è divenuta inattiva, cioè non cerca lavoro e non è disponibile a lavorare».

Senza reddito, senza impiego e senza prospettive non rimane che la famiglia, vero rifugio per tanti ventenni.

E la politica, cosa fa? Beh, fa quello che ha sempre fatto. Nulla. O giù di lì. Pochi sono i leader (a destra e a sinistra) che si sono espressi su questi numeri. E chi lo ha fatto si è limitato a dichiarazioni di facciata buone per tutte le stagioni. Non una proposta seria è venuta da parte loro. Non una iniziativa o una vana promessa di prendere nota di ciò che siamo diventati. Ma è giusto che sia così. In fin dei conti siamo in campagna elettorale. Domenica e lunedì prossimi ci sono i ballottaggi a Milano e Napoli. Ci sono cose più impellenti da fare. Argomenti ben più importanti da spingere in agenda. Come le nuove zingaropoli, come le moschee da (non) costruire e le case abusive da preservare.

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